
Per ricordare a tutti, e non solo all’interno del suo Gruppo, l’importanza della genitorialità per l’impresa ci ha scritto sopra anche un libro.
Già direttrice delle risorse umane, e dal 2023 direttrice delle relazioni istituzionali, comunicazione e sostenibilità di Danone Italia, Sonia Malaspina è autore con Marialaura Agosta di “Il congedo originale”.
Perché, proprio come si legge già nel dorso del volume, “forse la domanda da porsi non dovrebbe essere “come facciamo a risolvere il problema della maternità in un’impresa” ma piuttosto “quanto valore può portare la genitorialità in un’azienda?”.
Abbiamo incontrato Sonia in occasione di un’intervista congiunta realizzata grazie a DILIGENTIA ETS, per parlare di pari opportunità nelle aziende, insieme con la founder di Women in Procurement Lucy Spicuzza, e Marta Delfine, direttore del Procurement Department di Minsait (Gruppo Indra) e Ambassador di Women in Procurement. Si è parlato di donne e aiuto alla genitorialità non come dovere ormai istituzionale per le aziende (in particolare per quanto riguarda le pari opportunità da certificare secondo la Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 secondo un insieme di indicatori prestazionali) ma come fattori di competitività e grandi opportunità.
“In Italia siamo posizionati molto male sia in un senso sia nell’altro”, spiega Sonia Malaspina. “La parità di genere nel nostro Paese è lontana dall’essere una realtà e si fanno sempre meno figli perché le donne non sono accompagnate nel percorso della maternità, come pure le coppie e le famiglie nel vivere serenamente la genitorialità”.
Noi aggiungiamo i numeri: Il Global Gender Gap Report del 2024 mette l’Europa al primo posto tra i cinque continenti per parità di genere. Sette dei dieci Paesi con i punteggi più alti per parità di genere sono europei, con l’Islanda in cima alla classifica, seguita sul podio da Finlandia e Norvegia. Tra le dieci economie dove il divario tra uomini e donne è più ridotto troviamo la Svezia, la Germania, l’Irlanda e la Spagna. In questo contesto l’Italia si distingue negativamente: perde ancora posizioni rispetto al 2023 e si classifica all’87° posto su 146 Paesi a livello mondiale e al 37° tra i 40 paesi europei. Peggio dell’Italia fanno solo Ungheria, Repubblica Ceca e Turchia.
E aggiungiamo ciò che Paola Corna Pellegrini, presidente di Winning Women Institute, spiega proprio nel libro di Sonia Malaspina già citato e che offre dati spietati: “Solo il 50% delle donne lavora, meno del 20% ricopre posizioni di top management, solo il 3% dei CEO delle aziende quotate sono donne”.
In questo panorama sconfortante, soprattutto se si pensa agli ESG e all’AGENDA 2030, proprio Danone si è fatta portavoce di un Manifesto per la parità di genere nella filiera, sottoscritta proprio da Sonia Malaspina, anche in veste di presidente del comitato scientifico di Winning Women Institute, e da Paola Corna Pellegrini.
Recita il manifesto: “La parità di genere, l’occupazione e la crescita professionale femminile non è solo un’istanza sociale, ma rappresenta molteplici opportunità. La Banca d’Italia stima che il calo demografico avrà un impatto sul PIL pari al 7.6% nel 2050. Se il tasso di occupazione femminile raggiungesse quello maschile entro il 2040 la perdita del PIL sarebbe solo del 1,7%. Favorire una maggiore occupazione femminile significa dar vita a un circolo virtuoso: maggiore occupazione femminile significa generare maggiore produttività, maggiore competitività e da ultimo maggiore natalità. Il tasso di natalità dell’Italia è molto basso, pari al 1.25 rispetto al 1.53 media europea”.
Partire dalla filiera delle aziende è fondamentale per moltiplicare le buone pratiche e secondo Marta Delfine e Lucy Spicuzza proprio le donne hanno un’attenzione più spiccata nel sostenere, appoggiare e aiutare i propri fornitori nei passaggi e nel percorso verso una sostenibilità anche sociale: quindi Welfare e pari opportunità.
Se per Danone un fornitore che rispetti e certifichi certi parametri e determinati valori è da premiare nella filiera, in generale sono proprio le donne gli elementi più determinati e insieme più accoglienti nel realizzare un sostegno alle aziende fornitrici che vogliono dotarsi di certificazioni.
“All’inizio della mia carriera ero timidissima”, racconta Marta Delfine. “Per affermarmi di fronte ai dirigenti della mia azienda e ai nostri fornitori mi rendevo conto che sceglievo un atteggiamento “maschile”, che in fondo non mi apparteneva. Mi sembrava in questo modo di essere più autorevole. Magari di ottenere migliori prezzi e una maggiore qualità dalla filiera di fornitura. Poi ho capito che era esattamente il contrario. Proprio il mio essere più empatica, accogliente, rispettosa di chi avevo davanti, insomma femminile, alla lunga ha pagato in qualità e sostenibilità nei rapporti umani. Ora abbiamo fornitori che si sentono valorizzati, che non lesinano sulla qualità dei loro progetti, che sono disposti ad ascoltare le nostre esigenze e alla fine che ci rendono molto più competitivi verso i concorrenti. Spendere meno, chiedere prezzi “strozzati” alla filiera non equivale certo a diventare più competitivi sul mercato. Anzi, Noi di Women in Procurement pensiamo che proprio in questo ruolo, solitamente visto come un po’ maschile, aggressivo, l’elemento femminile sia un grande valore aggiunto”.
“Quando si parla di sostenibilità, che è ciò che richiediamo alle nostre aziende partner, parliamo di sostenibilità ambientale, certo, ma anche etica e sociale. Un lavoro di squadra deve nascere in un ambiente non tossico ma fondato sul senso di solidarietà, tolleranza, aiuto reciproco. La diversità è sicuramente un patrimonio per le aziende, perché crea energie, ma anche un senso di appartenenza e riscatto. Per questo per noi è stato importante anche il sostegno alla maternità e, ovvio, anche alla paternità”, aggiunge Sonia Malaspina.
“C’è un mondo di nuovi padri che aspirano a veder crescere da vicino i loro figli, a ricoprire un ruolo di partecipativo nella gestione dei bambini più piccoli e di offrire un autentico sostegno alle loro compagne in fatto di conciliazione lavoro/famiglia. Noi di Women in Procurement stiamo facendo alcuni studi, proprio per capire anche queste nuove necessità. Non siamo “femministe”. Piuttosto parliamo proprio di pari opportunità e quindi cerchiamo di capire le lacune delle organizzazioni aziendali anche in questo senso”, spiega Lucy Spicuzza, come fondatrice di Women in Procurement.
Un grande studio, che verrà presto presentato, riguarda le gare d’appalto e le pari opportunità, per capire quanto questo requisito venga oggi rispettato come premialità nell’ambito della valutazione di un’azienda pubblica o privata. Aggiunge Marta Delfine: “Quello che possiamo per ora anticipare è che c’è un picco di gare d’appalto in cui questo requisito è rispettato solo nel Centro Italia, dove si trovano ovviamente istituti governativi e ministeri. Per il resto, purtroppo, non si capisce proprio come possano partire gare d’appalto senza questi requisiti necessari: quali sono le deroghe che sono state tenute in conto? Una domanda che certo per ora non ha una vera risposta, ma inquieta”.
Anche Diligentia ETS, che ha promosso questo incontro, vuole sottolineare ancora una volta l’importanza di trascinare la filiera – come hanno già fatto con il Manifesto di WWI (Winning Women Institute) Danone e le aziende che lo hanno sottoscritto – ad adottare standard accreditati per misurare in modo riconosciuto le performance di sostenibilità. In questo modo le aziende fornitrici diventano a tutti gli effetti partner delle imprese capofila, non solo nei risultati economici ma soprattutto nella mission e nella filosofia.
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